Blade, Interviste

Il rap visto dal giovane Blade che presenta il nuovo lavoro discografico “Uno dopo l’altro”

Riccardo Di Benedetto, in arte Blade, è un cantante rap catanese. Il 16 novembre è uscito il suo ultimo lavoro discografico che è attualmente in promozione.

Quando hai deciso di dedicarti alla musica e perché?
La mia passione per il rap nasce alla fine degli anni ’90, quando un amico cominciò a farmi ascoltare canzoni fino a quel momento sconosciute. Rimasi affascinato da quelle sonorità, così diverse da quelle che le radio proponevano, e da quel modo di esprimersi, così diretto e allo stesso tempo così complesso. Cominciai ad ascoltare questa musica fino a che non decisi di voler fare parte di questo mondo così strano, agli occhi di un quattordicenne. Poi conobbi altri che avevano la mia stessa passione, nacquero le prime rime, i primi pezzi, i primi dischi, i primi live. Non riesco più a ricordare il periodo in cui il rap non faceva parte della mia vita. E sono ancora qui, a 33 anni.

Quali sono stati i tuoi primi passi nel mondo della musica? Raccontaceli.
Nel ’98/’99 fondai assieme ad altri amici una crew chiamata “Corte dei Miracoli”.
L’età e i pochi mezzi non ci permisero di registrare nessuna delle tracce che avevamo scritto e, dopo un paio d’anni, la crew si sciolse. Io cominciai, quasi per gioco, ad improvvisarmi producer, componendo i beat per i pezzi che scrivevo, finché, nel 2005 assieme a Nemo e JaPain (due mc della mia stessa città) non ricreai “Corte dei Miracoli”.
Questa nuova incarnazione della crew, a differenza della vecchia, fece nascere una mia demo da solista, “Si vis pacem” e poi un disco, “Punto primo”.
Fu un periodo molto fortunato, un susseguirsi di live, complice anche il numero maggiore di eventi presenti in Sicilia ed in Italia in generale, in quel periodo.
La crew poi crebbe (ne divenne parte anche Six, che collabora con me anche in questo nuovo disco), cambiò il nome in “Etna Riot”, ed ebbe un buon successo nel 2012 anche con l’album “Elementi”.

Qual è il tuo genere musicale?
Il rap, in tutte le sue forme e le sue sfumature.
Anche se, in realtà, io non credo alle divisioni per genere: esiste la musica fatta bene e la musica fatta male. Il genere serve solo ad archiviare i dischi negli store.


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Quali artisti hanno influenzato la tua scelta musicale?
Tantissimi, dai Colle der Fomento a Kaos, da Deda ai Cor Veleno, dai Public Enemy ai Cypress Hill,
agli House of Pain, giusto per citarne solo alcuni.

Hai pensato di mettere insieme una band per i live?
“Corte dei Miracoli” ed “Etna Riot” sono stati molto più di un gruppo, per me.
Sono la mia famiglia e la più grande fortuna della mia vita è averli incontrati.
Parlando di live, abbiamo suonato insieme per quasi dieci anni e avevamo spesso anche pensato di arruolare degli strumentisti con cui suonare dal vivo, purtroppo non si è mai presentata l’occasione giusta.

Che cosa nei pensi dei Talent Show?
Sinceramente? Tutto il male possibile. E non parlo dei concorrenti, sia chiaro, ma dell’impalcatura. Ho l’impressione (e si tratta solo di impressione, dato che non ho mai nemmeno avuto la curiosità di partecipare a un casting) che un gruppetto di persone faccia sciacallaggio dei sogni di gloria dei concorrenti, trattandoli più da scimmie ammaestrate che da artisti e premiando più l’aspetto fisico e la “spendibilità” commerciale che il talento. Un atteggiamento del genere non può che impoverire la musica, piuttosto che arricchirla.

Cos’è la musica per te?
Tutto. È la mia vita, mi ha accompagnato nei momenti più brutti e in quelli più belli. Passi la vita ad amarla e, a volte, pure ad odiarla, ma lei non ti lascia mai.

Descrivi il tuo singolo in 3 parole.
Rimani te stesso.

Quando prevedi di uscire con un nuovo singolo o un nuovo album?
Il mio album “Uno dopo l’altro” è in uscita il 16 novembre di quest’anno in tutti gli store digitali e on-line su www.skillzonerecords.com. In realtà ammetto di averne già in mente un altro, ma vedremo.

Abbandoneresti l’Italia per vivere un’esperienza musicale all’estero?
Sì, per quanto io sia profondamente legato all’Italia l’idea di misurarmi con un’altra realtà, magari lasciandomi influenzare da altre sonorità e collaborando con artisti di altri paesi, mi intriga molto.

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