Eliamo, Interviste

Un rock astratto o introspettivo per il curioso talento Eliamo

Quando hai deciso di dedicarti alla musica e perché?
A dire il vero non è stata una decisione presa a tavolino. Sin da piccolo sono stato affascinato da molte band del panorama rock/pop angloamericane della fine anni Ottanta, inizio anni Novanta. Gli U2 sicuramente mi hanno aperto un mondo e successivamente cantanti come Elton John, Phil Collins, Sting o gli stessi Beatles sono stati degli ottimi modelli a cui ispirarmi, sebbene inarrivabili.

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Quali sono stati i tuoi primi passi nel mondo della musica? Raccontaceli.
Ricordo che in terza media ho formato il mio primo complesso musicale e i primi live si svolgevano nelle feste di compleanno. Era già strano a quell’età avere a che fare con le chitarre elettriche che erano più alte di noi. Poi ho scoperto i software multi traccia intorno all’anno Duemila e allora capì che per registrare la mia musica potevo anche fare a meno di una band, poiché potevo registrare ogni strumento da me. Avevo delle nozioni base di chitarra, di pianoforte, di basso e di batteria e se riascolto adesso quelle prime registrazioni, non ce la faccio ad andare avanti per più di pochi secondi per quanto suonano male. Ma in realtà già all’epoca c’erano idee molto interessanti che poi ho avuto modo di elaborare negli anni. Ho lasciato la Sicilia per andare a studiare all’università a Roma e lì ho avuto modo di cominciare i miei primi live nei locali di Trastevere. Roma mi ha dato molto come esperienza di strada e mi ha dato lo slancio per volare negli States dopo la laurea per perfezionare il mio inglese. Nel mio college di Miami Beach continuavo a registrare la mia musica dentro la mia cameretta e nel frattempo, suonavo in giro per qualche locale di Espanola Way. Al mio ritorno in Italia ho fatto tappa a Milano dove ho studiato Electronic Music Production e sono andato avanti fin qui come cantautore e producer indipendente. Posso dire di avere girato molto ma finora, la Sicilia è stata la terra dove ho costruito più cose concrete a livello musicale.

Qual è il tuo genere musicale?
Il mio genere è rock/pop ma a me piace definirlo come un rock astratto o introspettivo. Mi piace chiamarlo rock psicoanalitico. Cerco di scrivere canzoni che possano far
riflettere sul senso della vita e sulle verità che si celano dentro gli angoli più remoti della nostra mente. Parlo anche di amore ma non mi interessa l’aspetto sociale di esso, sono più interessato all’amore inteso come follia o come ossessione.


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Quali artisti hanno influenzato la tua scelta musicale?
Ho avuto moltissime influenze nel corso del tempo. Differente era il periodo, differente la musica che scrivevo. Certamente gli U2 mi hanno influenzato ma non solo. Amo le chitarre distorte e sporche dei primi Oasis, così come adoro il più raffinato stile di Sting. Tuttavia credo che la band più geniale di tutti i tempi siano stati i Beatles perché hanno regalato al mondo il pop. Ho studiato anche musica elettronica e per un certo periodo ho ascoltato la trance. Tuttavia, in Universi Alternativi, non ci vedo nulla di tutto ciò, anche perché è in lingua italiana e si discosta molto dai miei precedenti lavori. Forse qui ho lasciato emergere le influenze che ho accumulato durante le mie esperienze come piano bar in locali e villaggi turistici. Da Lucio Dalla a Battisti fino ad arrivare a Franco Battiato, tutti artisti che ho sempre ascoltato con molto interesse ma che mai avrei pensato mi potessero influenzare.

Hai pensato di mettere insieme una band per i live?
Certamente. Ho avuto vari complessi lungo il mio percorso musicale. Anche adesso ho una band molto valida con la quale posso eseguire i miei brani dal vivo e con la quale mi sto divertendo moltissimo. Tuttavia, tenere una band unita e farla lavorare motivandola anche economicamente, oggi non è una passeggiata, anzi, richiede molto sforzo. Bisogna impegnarsi tanto, girare per locali (che quasi sempre richiedono cover) e fare i conti con il pubblico che mentre ti ascolta si mangia la pizza e ti sente solo come sottofondo. Per questo motivo, spesso non rinuncio a lavorare da solo.

Che cosa nei pensi dei Talent Show?
Credo che siano stati il più grande disastro del panorama musicale occidentale così come l’ha conosciuto la mia generazione. I talent sono delle ottime macchine di denaro e di show business ma non hanno nulla a che vedere con il mondo dell’arte. Ma non voglio essere ipocrita. Se fosse necessario vi parteciperei ma solamente perché sono consapevole che i flussi commerciali che contano, purtroppo, oggi vengono solo da lì. Oggi comandano loro.

Cos’è la musica per te?
La musica è la tela sulla quale dipingo la mia vita. I suoni sono i colori, le parole sono i pennelli. Attraverso la musica do voce a me stesso anche se la musica non è il mio unico canale espressivo. Ma forse è quello che funziona meglio per me.

Descrivi il tuo singolo in 3 parole.
Devastante, orecchiabile, per tutti.

Quando prevedi di uscire con un nuovo singolo o un nuovo album?
Siamo già a lavoro con il mio regista Peppe Migliara per la produzione del videoclip del mio prossimo singolo. L’uscita è prevista intorno al periodo natalizio. Per un nuovo album ancora è prestissimo. Dovrà passare molto tempo, dovranno accadere cose e in ogni caso, sono ancora troppo emotivamente coinvolto da Universi Alternativi.

Abbandoneresti l’Italia per vivere un’esperienza musicale all’estero?
Direi che lascerei momentaneamente l’Italia più che abbandonarla. Ho già fatto musica all’estero e ho trovato gli stessi scenari e le stesse problematiche che trovo qui in Sicilia. Per cui sono convinto che l’estero non sempre corrisponde all’El Dorado per noi musicisti. Viaggiare è importante per sviluppare la creatività, i contenuti e la stessa psicologia che è a fondo della mia musica. Tuttavia, credo molto nella mia terra e credo che sia un ottimo posto da cui partire e a cui fare ritorno, proprio come Ulisse con la sua Itaca.

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