Interviste

Per Dira la musica è prima di tutto un’esigenza…

Quando hai deciso di dedicarti alla musica e perché?
La musica, e in particolare cantare, mi ha sempre attirata, fin da bambina, ma in un paesino minuscolo e un po’ isolato come il mio era complicato pensare di dedicarcisi. Poi quando ho iniziato l’università in una cittadina un po’ più grande è stato più facile. In quel periodo ho sentito l’esigenza di trovare qualcosa di creativo che mi facesse da valvola di sfogo. Andavo a lezione di economia per poi rifugiarmi in sala prove per scappare da grafici e formule. In quel periodo ho deciso che volevo dedicare alla musica molto di più di qualche ora libera nel fine settimana.Dira non h ancora un canale ufficiale VEVO, scopri come attivare il tuo canale VEVO e monetizzare i videoclip!

Quali sono stati i tuoi primi passi nel mondo della musica? Raccontaceli.
La “prima musica” alla quale mi sono avvicinata è stata quella che mi ha fatto conoscere mia sorella maggiore. Lei è una grande amante di De Andrè e questo a fatto sì che già da piccolina canticchiassi “La ballata dell’amore cieco” e “Don Raffaé”.
Solo a 18 anni ho deciso di prendere le mie prime lezioni di canto, chitarra e musica d’insieme nel periodo dell’università. Ho cambiato diversi insegnanti. Ognuno mi ha lasciato qualcosa di buono, ma volevo fare un percorso meno “accademico” e più personale. Questo mi ha portato a conoscere Davide Piludu, con cui ho iniziato un vero e proprio percorso di ricerca vocale e personale. Ho iniziato a fare Ie prime serate live con alcuni musicisti della mia zona, fino a decidere di voler creare la mia musica e mettere tutto questo in un disco.

Qual è il tuo genere musicale?
Qualcuno dice alternative, qualcuno dice pop. Mi rivedo un po’ in entrambi. A seconda del momento, di quello che vivo e di quello che provo a dire mi escono fuori vene diverse. Non so se è un bene.


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Quali artisti hanno influenzato la tua scelta musicale?
Amo il cantautorato, il rock, ma anche l’alternative e l’elettronica.
Sono cresciuta ascoltando De Andrè e amo Carmen Consoli.
Ascolto Le Luci della centrale elettrica, ma quando sento i suoni sintetici alla Bjork mi illumino d’immenso.
Probabilmente un po’ tutti questi generi mi hanno influenzata.
Ascolto di tutto e provo ad essere una spugna.

Hai pensato di mettere insieme una band per i live?
Certo. Sto preparando lo spettacolo live con un amico e collega, Patrick Antoniucci, un ottimo chitarrista che si occuperà anche dell’elettronica. Vorremmo iniziare prima possibile a suonare dal vivo. Sarà una band flessibile, “a cipolla” come si usa fare con i vestiti. Partiamo in due, con l’idea di allargarci quando possibile.

Che cosa nei pensi dei Talent Show?
Credo che i talent potrebbero essere un’ottima vetrina, se dessero spazio a progetti artistici concreti, da sostenere e fare crescere, in modo che alla fine possano camminare sulle proprie gambe. Mi sembra invece che nella maggior parte dei casi siano un punto di arrivo, più che una partenza. La televisione assicura qualche mese di visibilità, ma di rado l’attenzione è concentrata su una reale proposta di nuova musica.

Cos’è la musica per te?
Per me la musica è prima di tutto un’esigenza. Una sorta di autoanalisi e di ansiolitico. Mi aiuta a distaccarmi dai problemi e a ridimensionarli.
È il punto fermo in grado di farmi sentire bene indipendentemente da ogni contesto, luogo o guaio in cui finisco per incastrarmi.
È un modo per incanalare le emozioni e creare qualcosa di bello, da condividere.

Descrivi il tuo singolo in 3 parole.
Confusione. Ansia. Liberazione.
Ho scritto “Roma” in un periodo in cui dire che fossi confusa è poco. Mi ero trasferita in una città enorme, che sa farsi amare quanto odiare. Stavo riuscendo a costruire il mio mondo, a trovare i miei riferimenti, le mie soddisfazioni, ma ogni giorno mi allontanavo un po’ di più da tante persone che erano e sono ancora importanti. Non capivo bene dove volevo stare e cosa volevo fare. Mi svegliavo con l’ansia e andavo a dormire con l’ansia. Volevo solamente urlare, anche da sola allo specchio, ma mi sembrava che ci fosse qualcosa ad impedirmelo. Ero una compagnia da non augurare a nessuno.

Quando prevedi di uscire con un nuovo singolo o un nuovo album?
Entro aprile dovrebbe uscire il video del secondo singolo, bla bla bla. Ci stiamo lavorando assieme a Francesco Spagnoletti, il regista che si è occupato anche di “Roma”. Nel frattempo ho iniziato a scrivere il secondo disco. Spero possa essere pronto per l’inizio dell’anno prossimo.

Abbandoneresti l’Italia per vivere un’esperienza musicale all’estero?
Non abbandonerei l’Italia.
Ho vissuto per un po’ a Dublino e vorrei tornarci. Mi piacerebbe poter fare un po’ più mie quelle sonorità celtiche, inserire strumenti diversi e capire cosa possa nascere. È più che altro un sogno che in futuro vorrei realizzare, ma non credo che serva abbandonare l’Italia.

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